TEATRO – L’ultimo atto del Marameo Festival 2024 è terminato, Teatri senza Frontiere è arrivato nell’Africa profonda, in uno dei paesi più poveri del mondo, lo Zambia. Ci è arrivato in un momento di ulteriore e grande difficoltà, dove non piove da nove mesi consecutivi, dove ogni lembo di terra è bruciato, i fiumi sono asciutti e manca in tutto il Paese la corrente elettrica. Persino quella che è annoverata tra le sette meraviglie del mondo e che porta un po’ di turismo in questo luogo dimenticato da Dio e dagli uomini: le cascate Vittoria, sono secche, resta l’imponenza delle rocce, l’immenso fronte di caduta e foto che documentano di uno spettacolo straordinario. Milioni di generatori cercano di pompare acqua da un sottosuolo che per fortuna ancora ne possiede, altri garantiscono luce a chi se lo può permettere; per il resto, dopo le sei del pomeriggio, è davvero notte fonda. Lungo le strade della capitale, e parliamo di milioni di persone, la gente comunque cammina e la si vede man mano che i fari della macchina avanzano, è come attraversare un mare umano: uomini, donne, bambini, bancarelle, in una notte che non conosce fine.
In questo mondo traballante un gruppo di teatranti volontari provenienti da varie parti d’Italia, grazie all’ospitalità e alla collaborazione di “Koinonia Community” di Padre Renato Kizito Sesana, un missionario che tenacemente cerca di ridare un futuro a tanti bambini e ragazzi che vivono in strada e che non hanno più nulla, hanno portato in dono il loro teatro, realizzando spettacoli e laboratori ai quali hanno assistito migliaia di giovani. Alcune testimonianze di tre partecipanti provenienti dal Fermano:
«Ritornare dopo 7 anni nel paese dalla terra rossa e rivedere gli occhi azzurri e profondi di Padre Kizito ormai 81enne è stata un’emozione unica. In Africa il sole sorge e tramonta come in tutto il resto del mondo, ma le giornate sembrano farci percepire un tempo diverso, scandito da una quotidianità che vuole insegnarci il senso e il valore della lentezza, della bellezza delle cose povere e semplici. È così che si impara a sorridere e a vivere con gioia anche le esperienze che mettono in difficoltà noi visitatori dall’occidente: mancanza di acqua corrente di energia elettrica e connessione internet…
Sono tornata in Africa perché in Africa l’abbraccio di un bambino felice grazie al Teatro dà un valore profondo a quell’arte della quale vivo. Non si possiede che l’arte che si riesce a dare.
Grazie Teatri senza Frontiere». (Simona Ripari)
«Il 28 settembre, a metà mattina, la compagnia si trova a Chilenje per l’ultimo spettacolo in programma e io mi chiedo: ha senso quello che stiamo facendo? Allora, vedo una scritta dal lato interno del cancello a cui non avevo badato entrando. “Do what you can. With what you have. Where you are“. Ecco la risposta. Noi avevamo la nostra arte da condividere e abbiamo fatto in modo che il teatro accadesse anche lì dove sembrava impossibile, dove la povertà si nutre anche solo della carezza che si fa scivolare sul volto e sull’anima dei bambini che abbiamo incontrato e di quelli che abbiamo ritrovato in noi. I sorrisi spensierati, per un istante eterno, e gli abbracci stretti in un attimo e sciolti mai davvero, resteranno dono immemore per loro e per noi». (Gabriele Claretti)
«Abbiamo fatto 16 spettacoli in scuole sia pubbliche che private, in università, centri di accoglienza per donne vittime di abusi, altri per ragazzi di strada e oggetto di tratta, abbiamo forse reso più leggera un’ora di vita di migliaia di persone che, pur sembrando impossibile, vivono sullo stesso nostro pianeta. Torna ancora una volta l’eterno discorso della goccia nell’oceano, è vero, la nostra è una goccia, piccola e marginale quanto si vuole ma galleggia, insieme a quella di tante altre persone di buona volontà, nel grande oceano delle ingiustizie, a testimoniare un impegno per rendere questo mondo che tutti ci ospita più umano.
L’Africa ci ha accolto ancora una volta con calore e affetto, con la sua natura meravigliosa, i suoi animali fantastici, sbattendoci in faccia senza vergogna la sua smisurata miseria, quella che nessun documentario potrà mai restituire, quella che se non la vedi non ci credi, che si attacca addosso per restarci. Milioni di persone che vivono di aria, che affollano le strade cercando di vendere qualsiasi cosa: barattoli vuoti, cipolle, pomodori, pezzi di ferro. Chilometri di traballanti bancarelle fatte di pezzi di legno legati insieme ci hanno accompagnato ovunque, tra strade che in Europa farebbero saltare qualsiasi amministrazione pubblica, nulla in questa Africa è riconducibile alla nostra vita, davvero nulla. Lo Zambia è pieno di bambini, sono dappertutto, l’età media è 16/17 anni e l’aspettativa di vita si ferma a 58 anni, un popolo giovanissimo che cresce di continuo e che se qualcuno non si deciderà a controllare non produrrà altro che miseria su miseria.
Ci portiamo a casa valigie piene di sorrisi, di abbracci, di mille mani che ci salutano ogni volta che, finito lo spettacolo, lasciamo il posto. Ringrazio questo popolo che sa ancora sorridere e che affronta la vita con un coraggio che noi non conosciamo più». (Marco Renzi)
Hanno partecipato:
Marco Renzi e Simona Ripari (Proscenio Teatro Ragazzi – Fermo)
Gabriele Claretti (Associazione Ho Un’Idea – Lapedona)
Noemi Bassani, Stefano Tosi (L’Arca di Noe – Varese)
Giorgio Rizzi (C’è un Asino che Vola – Varese)
Maurizio Stammati, Chiara Laudani, Anna Maggiacomo (Teatro Bertolt Brecht – Formia)
Dante Cigarini (Reggio Emilia)
Gabriella Lelli (Bologna)
Ruggero Ratti, Sorina Simona Furdui, Davide Caforio per la documentazione.