“I grandi alberi delle Marche” e di Ortezzano: un viaggio nella regione tra leggende ed aneddoti

ORTEZZANO – “I grandi alberi delle Marche”, libro di Valido Capodarca, è stato presentato presentato sabato 9 novembre presso la sala consiliare di Ortezzano, alla prese4nza del sindaco Carla Piermarini.

La conversazione è stata tenuta dall’autore Valido Capodarca, presente l’editore Simone Giaconi, e si è svolta come un viaggio (non del tutto immaginario) lungo la regione, con partenza dalla parte più meridionale. Nel corso del viaggio ci si è fermati presso gli alberi più grandi, più belli, più antichi della regione,di cui sono state mostrate le foto, riferite le misure, e raccontate tutte le storie, gli aneddoti, le leggende che vengono tramandate da coloro che ci abitano vicino.

Mentre per il resto del territorio regionale è stata effettuata una selezione degli alberi più rappresentativi, per il territorio di Ortezzano sono stati illustrati e raccontati tutti quelli che, nel corso di 45 anni di ricerche effettuate non solo dall’autore, sono risultati meritevoli del titolo di “Albero Monumentale”. Essi sono:

1. Il VECCHIO GELSO, che dà il nome alla omonima azienda di agriturismo. Esso rappresenta un superstite fra i tanti che, oltre 60 anni fa, consentivano l’allevamento del baco da seta. In possesso di una ricca storia che verrà dettagliatamente raccontata (dagli stessi proprietari se lo gradiscono), è l’unico albero di Ortezzano ad essere ufficialmente insignito del titolo di Albero Monumentale e, come tale, inserito nell’elenco degli alberi tutelati sia dalla Regione Marche, che dal Ministero delle Politiche Agricole. Questa prerogativa manca ad altri tre alberi di Ortezzano che pur lo meriterebbero e per i quali si propone di avviare le procedure per il riconoscimento.

2. Il PIOPPO DI GIOVA’ LU PECORA. I più anziani ricorderanno il vecchio pastore Giovanni Foglia, che viveva insieme al suo gregge fra i pioppi che ora appartengono all’azienda La Valle dell’Indaco. E’ il più grande fra i pioppi, anch’essi imponenti, che si ergono, con tanta edera attorno, nel triangolo compreso fra il fiume Aso e il suo affluente Indaco. Il grande Pioppo era quello che ombreggiava la casetta in mattoni dove viveva Giovà, ma è ormai morente, e forse non vale la pena investire somme per salvarlo; ma tutto il complesso merita la dichiarazione di “Gruppo Monumentale”. E’ solo ad essi che Giovà doveva la sicurezza sua e del suo gregge, grazie alla straordinaria solidità del loro apparato radicale che ha sempre resistito a tutte le piene, anche le più violente, che hanno viaggiato lungo il fiume. Tutto il sito può essere assunto ad esempio di come una giusta distribuzione di alberi lungo le sponde possa fornire maggiore sicurezza di qualunque argine artificiale.

3. Il CIPRESSO DEL CIMITERO. In termini strettamente numerici, sarebbe il più grande cipresso delle Marche per quanto riguarda La circonferenza del tronco. Questa, infatti, viene rilevata a una altezza di m. 1,30 dal suolo, e questo è l’unico cipresso marchigiano che supera i 5 metri (esattamente m. 5,02). Sul perché esso sia tanto più grande degli altri cipressi del viale, che pure gli sono coetanei, si racconta una storiella che comincia ad assumere il sapore della leggenda. Come ci racconta il prof. Manfredi Luigi, sotto le sue radici sarebbero stati sepolti per qualche tempo i defunti, in attesa che venisse allestito l’attuale cimitero di Ortezzano. Questa spiegazione sarà probabilmente oggetto di discussione con il pubblico.

4. Il PIOPPO DI VILLA CRU. L’albero fa parte delle proprietà dell’omonima struttura di agriturismo e potrebbe essere uno degli ultimi superstiti dei 60 mila pioppi che, negli anni Trenta del secolo scorso, i grandi proprietari terrieri della Valle (De Scrilli, Pelagallo, De Vecchis, Giovannetti, Ciuti, ecc.) fecero piantare per difendere i loro terreni, molti dei quali erano stati ottenuti sottraendo spazio al fiume. Col cessare della mezzadria, alcuni contadini abbatterono sconsideratamente i pioppi e al loro posto impiantarono dei frutteti. Il fiume non si fece pregare, e si reimpossessò dei terreni trafugati. Ecco perché oggi si deve fare ricorso alle ruspe per posizionare massi da scogliera.

La conversazione ha lasciato ampio spazio agli intervenuti per segnalare altri alberi meritevoli di attenzione, per aggiungere altre storie, ma anche per aggiustare e rettificare quelle mal conosciute.

L’intervento di Carla Di Cintio, archeologa, ideatrice del progetto ArcheoNatura Marche insieme alla guida naturalistica Marisa Nanni, si inserisce nel “viaggio” di Valido Capodarca con un breve racconto sul legame tra archeologia e natura: i luoghi dove sorgono maestosi gli alberi monumentali, testimoni silenziosi di tante vicende umane, hanno accolto l’uomo sin dai tempi più remoti, sono stati trasformati da lui ed hanno conservato le tracce del nostro passato.