INTERROGAZIONE – «La giunta regionale ci deve dire se tra le aziende agricole del Fermano che sono state recentemente sanzionate a seguito dei controlli svolti dai carabinieri per prevenire e reprimere i fenomeni dello sfruttamento del lavoro e verificare il rispetto della normativa sulla tutela della sicurezza dei lavoratori, c’è chi ha beneficiato di contributi regionali ed europei. E, in caso affermativo, vogliamo sapere quali provvedimenti di competenza si intendano adottare per la revoca delle eventuali risorse assegnate». A dirlo è il consigliere del Partito Democratico Fabrizio Cesetti, che sulla questione ha depositato un’interrogazione sottoscritta da tutto il gruppo dem alla giunta regionale.
«Se le istituzioni – spiega Cesetti – vogliono essere credibili sul fronte della lotta senza quartiere al caporalato, al lavoro nero e a ogni altro tipo di violazione delle normative riguardanti la sicurezza, è necessario essere inflessibili e dare per primi il buon esempio. Non è ammissibile che chi pratica queste forme di sfruttamento benefici di denaro pubblico, cavandosela poi, quando emergono irregolarità, con delle semplici multe che nella maggior parte dei casi sono nettamente inferiori ai contributi percepiti».
«Per essere davvero incisivi – continua il consigliere regionale del Pd – oltre all’applicazione delle sanzioni vanno chiesti indietro i sostegni erogati dalla Regione Marche e dall’Unione Europea, altrimenti non solo non riusciremo mai a debellare queste piaghe sociali, ma, paradossalmente, rischiamo di alimentarle e incentivarle, creando un vantaggio a favore di chi lavora illegalmente a danno delle tante aziende che operano nel pieno rispetto del diritto».
«Nella scorsa legislatura – conclude Cesetti – facemmo aderire la Regione Marche all’Osservatorio sulle agro-mafie, al fine di concorrere alla prevenzione dei fenomeni legati all’illegalità nel settore agroalimentare, fortemente strategico per l’economia regionale. Oggi, purtroppo, al di là dell’encomiabile impegno delle forze dell’ordine, si ha l’impressione che questo tema non rappresenti più una priorità nell’agenda della politica regionale».