“Il PD provinciale di Fermo sostiene i 5 referendum della CGIL, per riprogettare il futuro.
Il Partito Democratico provinciale di Fermo, come anche il Segretario ha più volte in tal senso manifestato, sosterrà convintamente i 5 referendum promossi dalla più grande Organizzazione di rappresentanza del lavoro del Paese, la CGIL, per i quali l’8 e 9 giugno saremo chiamati a votare.
«Per indicare le ragioni di tale convincimento, credo occorra prendere le mosse da una parola chiave, consapevolezza. Consapevolezza, quale strumento probabilmente insufficiente eppure imprescindibile al fine di ripensarsi, di rifondare e mutare coscientemente il corso di una prospettiva, di stabilire un cambiamento e lotta condivisi – dice il segretario provinciale Pd, Luca Piermartiri -. Basterebbe già approcciarsi agli Artt. 1 e 3 della nostra Carta Costituzionale, quella Costituzione scaturita dalla Resistenza e per cui tanti hanno combattuto e sono caduti al fine di liberarci dalla sanguinaria tirannia del nazifascismo, per affermare l’impianto programmatico circa il patto sociale del nostro Paese. Carta e visione oggi più attuali e vivi che mai. “…Repubblica democratica”, “fondata sul lavoro”. “La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. E poi nel terzo, “… pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione…”, “…rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale”, “libertà e l’eguaglianza dei cittadini”, “pieno sviluppo della persona umana”, “effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
Più di dieci anni or sono, dalla grande recessione mondiale 2007 – 2013, avveduti sociologi ed economisti avevano già rilevato conferme circa la legge di tendenza verso la centralizzazione del capitale in sempre meno mani, offrendo altresì elementi per analizzare l’attuale fase politica mondiale, caratterizzata da un inasprimento delle lotte tra capitali transnazionali e capitali nazionali, nella crisi di una incompiuta e mal realizzata globalizzazione, la recrudescenza dei nazionalismi e la relativa neocolonizzazione in essere, l’immancabile esito in conflitti commerciali e bellici. Terreno di lotte realizzatesi comunque tutte internamente alla classe egemone, senza si sia colta, per ruolo e funzione, l’occasione di svolta e per un riscatto di una classe subalterna organizzata. Warren Buffett, noto magnate della finanza, oggi novantacinquenne, ebbe con schiettezza a dire: “la lotta di classe esiste, eccome, e la stiamo vincendo noi”. Ha avuto talmente ragione che oggi è anch’egli preoccupato di questa inarrestabile escalation, che ha oltrepassato ogni boa di guardia.
Di fronte al divenire che si preannunziava, la sinistra d’Occidente, le forze politiche e rappresentanze di tradizione socialdemocratica e socialista, hanno evitato il compito. Passati armi e bagagli alla nuova ideologia dominante del liberalismo economico, oggidì sinonimo di turbo capitalismo anzitutto finanziario, conservando al massimo un rivendicazionismo redistributivo e un agire sociale incentrato sui diritti civili in sostituzione, e non in compenetrazione, a quelli ben più ambiziosi della trasformazione sociale. Il modello USA sino a ieri, per intenderci.
Per dirla con Adorno, al fine di evitare impensierimenti: “Non si trattava di conservare il passato, ma di realizzare le sue speranze”.
Nell’anarchia e disordine del mondo, ecco la guerra per tecnologia, risorse, aree di influenza, tutti i soggetti del pianeta, nessuno escluso, rigorosamente a sbranare nella globalizzazione di mercato. Non vi è più oggi un blocco che si faccia portatore, nel bene o meno, di un alternativo modello di mondo. L’unica distinzione resta nell’assetto, sempre più instabile, di stato: democrazie verso tecnocrazie, capocrazie, democrature etc.
Una guerra mondiale combattuta a pezzi, come ebbe a dire un vecchio Gesuita diventato Papa, cui va il nostro augurio per un celere ristabilimento. Stava a noi, all’Europa dei popoli! all’Europa del diritto e dei diritti!
Ecco poi il microchip, la rivoluzione informatica e dei dati, che non abbiamo saputo valutare, che ha aperto la porta al più grande potenziamento della capacità di calcolo della storia. E’ nato un ulteriore campo di competizione e di conflitto: la raccolta e il trattamento su scala mai vista di ogni informazione dalla quale trarre nuove forme di organizzazione, di controllo sociale, politico, economico, di risorse: la guerra dell’infosfera.
In questa trasformazione la sinistra, nelle sue varie versioni, ha perduto la capacità di rappresentare il lavoro, di avere un’egemonia sul tema su cui era nata. Questo sembra a noi il punto, la consapevolezza su cui riavviare il discorso. Il lavoro. Il postulato è che una sinistra sociale e politica che non rappresenti il lavoro, non solo ha il futuro di un gatto in tangenziale ma, peggio, apre praterie sterminate di conquista a una destra pericolosa e regressiva. Attenzione, una destra ideologica potentemente ideologica, come sanno essere potenti certe ideologie quando cercano e trovano la loro legittimazione nel bisogno. Il capitalismo moderno può ancor di più di quello passato fare a meno della democrazia. Lo stiamo tragicamente vivendo.
Lo stesso problema della governabilità va visto pertanto come la conseguenza della crisi di una capacità di rappresentanza, che in quanto tale impedisce sinanche di organizzare compromessi con l’avversario. Esclamare nobili valori e progressive sorti dei processi democratici diviene quindi un esercizio retorico in un mondo del lavoro spaventato, in regressione di sicurezza e di prospettive economiche, sempre più precarizzato e privo di diritti. Anzi, aumenta l’ansia individuale e sociale dei più deboli. Il senso di impotenza. Il rancore. Chi ha paura non chiede democrazia ma protezione, sicurezza, ordine, appartenenza, esclusione del diverso. Visto che l’arricchimento senza limiti non è messo in discussione, ma anzi è il sacro risultato di chi ha vinto nella competizione, non rimane che la guerra fra poveri.
Il processo lavorativo quindi è ancora il cuore della struttura sociale. Mai il lavoro è stato più centrale nel processo di valorizzazione, mai i lavoratori sono stati più in balia dell’organizzazione produttiva. Senza recuperare la rappresentanza del lavoro nessun altro compito sarà possibile. Ma non tutti hanno sviluppato questa consapevolezza omnicomprensiva, illudendosi che dal sistema in implosione si possano ancora affermare brandelli di conquiste durature.
Ora, quando tutto sembra crollare è solo ripartendo dal principio, come i salmoni che ritornano alla sorgente, avrebbe detto Nenni.
A coloro, quindi, che sentono ancora di appartenere ad un mondo dove le premesse di uguaglianza fra gli uomini possano garantire perfino più sviluppo del progresso umano, senza depredare la natura, come oggi accade; a coloro che sperimentano e che sanno che senza uguaglianza, diritti, beni comuni, la stessa libertà diventa quella della volpe nel pollaio, pensiamo vada rivolto l’invito della CGIL a sostenere e far sostenere i 5 referendum per un nuovo Patto del Lavoro e di Cittadinanza, con la già adesione, con altre Forze politiche, Rappresentanze ed Associazioni, al Comitato referendario promosso dalla Camera del Lavoro di Fermo e sabato 12 aprile 2025 aderiremo come PD provinciale Fermo alla “Manifestazione provinciale – Avvio campagna 5 referedum”, organizzata dalla CGIL fermana, a Porto Sant’Elpidio, dalle ore 15 alle 20, per lanciare la campagna referendaria appunto anche nella nostra provincia.
Cinque si per cambiare l’Italia.
Licenziamenti e reintegro: Stesse tutele per tutti i lavoratori indipendentemente dalla data di assunzione, reintegro nei casi di licenziamento disciplinare illegittimo, maggior tutela nei licenziamenti collettivi, aumento dell’indennizzo minimo nei casi in cui la reintegra non è prevista. Licenziamenti e risarcimento: Evitare risarcimenti inadeguati per chi ha subito un danno economico e personale grave, permettere una valutazione caso per caso, tenendo conto delle condizioni familiari e della situazione del datore di lavoro, allineare l’Italia alle normative europee che prevedono un risarcimento integrale. Lavoro precario: Evitare l’abuso dei contratti a termine senza motivazione, proteggere i lavoratori dal rischio di precarietà continua, rafforza il principio che il contratto di lavoro standard deve essere a tempo indeterminato. Sicurezza sul lavoro: Evitare che i lavoratori e le loro famiglie restino senza risarcimento in caso di gravi incidenti, imporre ai grandi committenti di vigilare sulla sicurezza nei cantieri e negli appalti, semplificare le cause legali per ottenere il giusto risarcimento. Cittadinanza: L’obiettivo è modificare le leggi relative all’acquisizione della cittadinanza italiana, rendendo più accessibile la cittadinanza a coloro che, pur vivendo in Italia da lungo tempo, non riescono ad ottenerla per via dei rigidi requisiti attualmente in vigore, per allineare l’Italia ai maggiori Paesi europei che in questo modo promuovono diritti, tutele e opportunità per tutte e tutti. Un provvedimento che soltanto i miopi o i regressivi non riescono a comprendere quanto sia altresì utile per il proprio Paese, dove l’età media è di circa 48 anni, una delle popolazioni più attempate d’Italia, e dove secondo i dati, il 37% dei giovani emigrati appartiene alla fascia d’età tra i 25 e 34 anni. Un tasso di denatalità tra i più bassi al mondo, con nascite nel 2024 di 370.000 circa. Se non si inverte, anzitutto con massicce politiche di welfare e non a chiacchiere, tale declino, si stima che entro il 2045 il nostro Paese scenderebbe di quasi 5 milioni di cittadini, soprattutto attivi che, anche per quanto detto sopra, farebbe dell’Italia man mano una struttura residenziale per anziani. Norme di civiltà e lungimiranza, con gestione certamente, ma altro che chiudere tutto o il problema principale nell’immigrazione.
La nostra consapevolezza con quella del Sindacato per un progetto nuovo, con l’adesione consapevole di tutte le forze e rappresentanze democratiche e progressiste e della sinistra per ri-progettare il futuro».